L’avvincente “caso Ercolessi”, quasi ricalcando “l’affaire Dreyfus” verificatosi in Francia qualche anno prima, racconta, attraverso le fonti, del caso di spionaggio scoppiato in Italia nel 1904, a pochi anni dall’Unità, che destò sgomento, incredulità, sdegno e disprezzo nell’opinione pubblica: il tradimento del capitano dell’Esercito Gerardo Ercolessi, impiegato al Distretto militare di Messina che, supportato dalla moglie, trafugò e vendette alla Francia importanti e riservati documenti relativi alla difesa dello Stretto e alla mobilitazione generale in caso di guerra.
Il clamoroso arresto per alto tradimento rimbalzò sulle pagine di cronaca divenendo presto un “caso nazionale”, a differenza di quanto sarebbe avvenuto, ad esempio, in Austria dove, nel momento in cui si sospettava di un ufficiale, il caso rimaneva riservatissimo e risolto in forma privata, a volte con l’intervento dell’imperatore in persona. Se l’indiziato era ritenuto colpevole, la procedura militare austriaca imponeva che quattro amici dell’accusato lo andassero a trovare e gli comunicassero le accuse a suo carico; dopo avergli offerto una rivoltella carica, l’uomo veniva lasciato solo; i quattro amici rimanevano quindi fuori a sorvegliare la casa in attesa dello sparo, in mancanza del quale provvedevano loro stessi all’esecuzione.