Torna in Lonardo il respiro cosmico delle sue prime produzioni poetiche dove le felici intuizioni metafisiche erano tutte giocate in funzione di una ricerca storico-sociale ed etico-religiosa condotta con metodo filosofico, indagatore, attraverso parole oggetto, memorie del passato ed aspirazioni future lungo l’ellissi dell’esistenza che tramuta le speranze che furono nella realtà che ci avvolge.
In questa fase in cui anche le certezze sociali, politiche, religiose, culturali sembrano vacillare per far posto alla precarietà, alla mutevolezza, al provvisorio e in cui una, nessuna o centomila, e tutte perfettamente sconosciute, sono le possibilità di crisi che si aprono dinanzi a noi, lo smarrimento è sommo, lo sconvolgimento fatale.
Lonardo narra di questo smarrimento, in prima persona, sente il peso dell’impegno poetico e di una significativa presenza civile e pur rifugiandosi spesso nel passato, ormai immutabile e sicuro, non vi resta prigioniero, non si annida in esso come in un eremo, non taglia i ponti col presente né le traiettorie, invisibili ai più, col futuro, sotto la spinta propulsiva della meditazione che lo rende pronto ad affrontare le nuove sfide della vita.